Tutti i luoghi abbandonati dall'uomo continuano a sussurrare presenze, parole e a volte poesie. Se la decadenza li rende inanimati, la luce dona loro un'immortalità dall'aura malinconica che lascia spazio all'immaginazione. Nicola Bertellotti scrive l'istante dando un senso all'etimologia della parola fotografia che deriva dal greco: luce (phôs) e grafia / scrittura / disegno (graphè). Che siano archeologie industriali o luoghi di culto, nobili dimore del passato dalla grande bellezza o la natura che inarrestabile si riprende i suoi spazi, Nicola riesce con i suoi scatti a scrivere altre parole, quelle che non si odono ma si sentono. Il suo spiccato carattere estetico sfuma gli immaginari che oscillano dallo scenografico al cinematografico, dal mondo della finzione alla messa in scena.
Un'artista il cui lavoro “sensibile” sa tradurre senza tradire, l'anima che pulsa tra le rovine a ricordarci senza mai essere cupo, la caducità e la precarietà dell'essere umano. Mai didascalico ma romantico, nostalgico e riflessivo, la sua poetica scritta con la verità dei luoghi e la luce naturale, narra il ricordo dei tempi che furono fino a emanare un senso di pace. ph.©Nicola Bertellotti